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Dogs and debris

La piena del fiume di qualche settimana fa ha lasciato sulla riva una grande quantità di detriti di ogni genere: nella foto, dietro alla mia galghina, un enorme tubo metallico, forse una condotta dell'acqua, proveniente da chissà dove.


Allo stesso modo ogni anno, in Spagna, migliaia di galgo finiscono la loro esistenza buttati via, come i rifiuti che viaggiano per giorni con la corrente finché non si arenano sul greto del fiume: giudicati inservibili, i cani vengono abbandonati come se fossero detriti, gettati vivi nei pozzi, uccisi nei modi più atroci o, nella migliore delle ipotesi, portati nelle perreras. Migliore si fa per dire, dato che le perreras, i canili statali, non sono luoghi dove i cani rimangono per un tempo indefinito in attesa che qualcuno li adotti, bensì veri e propri centri di smaltimento: i cani che vi entrano, a meno che qualcuno non li reclami, vengono soppressi entro due settimane.


Gli abbandoni e le uccisioni si verificano in prevalenza al termine della stagione di caccia, il primo febbraio, ma non solo. Accade così che giovani galgo in perfetta salute, giudicati inutili sia per la caccia che per la riproduzione, vengano eliminati, smaltiti alla stregua di rifiuti.

Questo perché il galgo, il levriero spagnolo, è considerato dal galguero un mero strumento di caccia, non certo un compagno di vita, un animale con una propria dignità, un essere senziente. E così ogni anno migliaia di galgo vengono uccisi in modi terribili, complici una serie di superstizioni popolari che prevedono che tanto più crudelmente viene ucciso il galgo che non si rivela buono per la caccia, tanto più valiente sarà il galgo successivo che toccherà in sorte a quel galguero. In nome di questo i galgo vengono impiccati, sepolti vivi, bruciati, bastonati, uccisi in altri modi atrocemente fantasiosi o abbandonati a morire di stenti.


Sì, lo so: sembra incredibile che un paese civile come la Spagna permetta che accada tutto ciò. E' una verità cruda, che fa male, che io stessa ignoravo fino a non molti anni fa e che ho faticato a digerire quando l'ho conosciuta. Anzi, diciamoci la verità: è impossibile da digerire. E inaccettabile.


Non voglio raccontare qui la triste storia del galgo spagnolo poiché altri lo hanno già fatto prima e meglio di me. Per chi volesse approfondire, vi lascio alcuni link in coda a questo post.


Vi avverto, però: una volta iniziato questo percorso non so se sarete in grado di tornare indietro. Di dimenticarvi tutta questa storia, di ignorarla e di continuare a guardare i cani, tutti i cani, e i levrieri, allo stesso modo.


Perché è proprio vero che quando incroci gli occhi di un galgo cambia il tuo modo di vedere. A me, per lo meno, è successo così.

Un pomeriggio di fine estate di qualche anno fa ho incrociato per caso gli occhi di un levriero: non un galgo rescue, non un animale maltrattato e abbandonato, bensì un piccolo levriero italiano, una femmina, nata in allevamento, accolta in famiglia, visibilmente amata e accudita con tutte le cure. Mentre ero intenta a scattare una foto al lago Calamone, questa dolce creaturina mi si è avvicinata senza emettere il minimo rumore ed ha appoggiato il suo musetto alla mia gamba. Quando mi sono voltata mi è sembrato che ci fossero soltanto quei due occhi, immensi e profondissimi, che mi fissavano immobili eppure dicevano tutto. Un lungo attimo di silenzio sospeso, poi ho allungato la mano verso quel musetto, lasciandola scivolare fino alla graziosa bandana che aveva al collo. Poco dopo è arrivato anche il proprietario, un ragazzo giovane, anche lui con la bandana, però in testa. Abbiamo chiacchierato per alcuni minuti: che io ricordi, è stata la mia prima chiacchierata avente come tema i levrieri. Curioso, no? Mi costa ammetterlo, ma le mie conoscenze sui levrieri non andavano molto più in là dei levrieri afghani e di quelli incontrati da bambina in alcune strisce di Topolino (presumo dei greyhound, ma allora di certo non lo sapevo). Ignoravo che esistessero dei meravigliosi levrieri tascabili, i piccoli levrieri italiani, appunto.


Non appena tornata a casa ho deciso che volevo saperne di più: digitando la parola levriero su Google mi si è spalancato un mondo. Da lì alla decisione di adottare un levriero rescue il passo è stato breve. Breve si fa per dire, dato che è passato più di un anno, ma, tra mille dubbi, ho avuto subito la certezza che il mio cane non lo avrei comprato in un allevamento: sarebbe stato uno di quelli scartati da altri esseri umani, un rifiuto.


Sì, è il mio "rifiuto" quello che vedete in foto: Brigit, una galghetta abbandonata quando aveva meno di tre anni e trovata vagante nella meseta, ridotta a poco più di uno scheletro.

Riesco a malapena a immaginarla ancora più magra di quello che è adesso e ogni volta che ci provo me la immagino tutta occhi, con questi grandi occhioni ambra pieni di interrogativi e del tutto incapaci di concepire l'efferatezza umana.

Al momento quegli stessi occhi mi guardano languidi e sonnacchiosi dal divano, un occhio a me, uno alle gatte, con le quali convive peraltro amabilmente, purché non si azzardino a toccare la sua ciotola, quelle feline!


La cosa più divertente di tutta questa storia è che, prima di imbattermi nella levrierina con bandana e di iniziare ad approfondire il tema dei levrieri, non avevo minimamente in testa di adottare un cane.

Un po' come quando ci si siede a tavola, dichiarando che "Mmm, non ho per niente fame...." e si finisce col trangugiare impenitenti quantità di cibo che farebbero impallidire un orco. Uff, ma che noia...stiamo nuovamente parlando di cibo!


Link:

Pet Levrieri è un'associazione che da anni si batte in difesa dei levrieri sfruttati in tutto il mondo per la caccia e per le corse di cani. E' l'unica anti-caccia e anti-racing. E' tramite questa associazione che ho adottato Brigit.


Yo galgo, un meraviglioso, unico, durissimo e appassionante documentario sui galgo. Fa male, ma guardatelo: ne vale davvero la pena.


#galgo #galgoespañol #petlevrieri #yogalgo


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